Marco, tre anni: «Raccontami la storia del lupo cattivo».
Monica, dieci anni: «Ma no, non esistono lupi cattivi, ci sono solo lupi infelici».
Quanta gente c’è in giro che pensa e parla del lupo cattivo. Che vede lupi cattivi nei “diversi” per colore, per provenienza, per condizione sociale, per razza, per religione, per partito politico, per cultura, per tendenze morali, per errori commessi ecc. ecc. Tutta la cronaca nera che riempie quotidianamente giornali e telegiornali è considerata opera di “lupi cattivi”. E giù giudizi negativi, atteggiamenti di rifiuto, sentenze di condanna senza appello. Questo modo di pensare è alla basa di tanti sospetti, paure, chiusure e anche di violenze e ingiustizie. Crea un clima sociale malato, inospitale, discriminatorio.
Molto più vera e più saggia è la risposta di Monica: “Non esistono lupi cattivi, ci sono solo lupi infelici”. Se infatti tutte le persone vivessero o potessero vivere in situazioni felici di famiglia, di educazione, di trattamento, di accoglienza, di inclusione e di giustizia e di fraternità non ci sarebbero più lupi cattivi. Il lupo cattivo nasce e opera dove mancano tutte queste cose che creano infelicità. Nessuno nasce cattivo “lupo cattivo”. Lo diventa quando incomincia a essere “infelice”.