Se io non sono schiavo del ventre, del sonno, della lussuria, lo faccio per nessun altro motivo che questo: conosco altri piaceri più soavi di quelli, piaceri che mi allietano non solo con le soddisfazioni di un momento, ma anche con la speranza che mi offrono di avere un giovamento perpetuo (Socrate).
Questo sapientissimo filosofo dell’antica Grecia, con il pensiero espresso in questo messaggio odierno, ha, a modo suo, anticipato di quattro secoli il pensiero di Gesù che noi cristiani abbiamo ascoltato nei vangeli delle domeniche scorse: “Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna” (Gv 6,27). Anche il filosofo antico aveva capito che il cibo materiale dà soddisfazioni solo momentanee perché nutrono solo la parte animale della persona (ventre, sonno, lussuria), ma ne lasciano affamato il cuore, la mente e l’anima, cioè quelle facoltà che la rendono umana, capace di gioie immensamente superiori e soprattutto che le assicurano “un giovamento perpetuo” , cioè “eterno”. Dante direbbe: “Fatti non foste per viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”.