Diocesi di Belluno – Feltre

Signore ti scrivo… sorridendo!

Sai, Signore, che la tentazione di lamentarci è sempre sulla soglia del nostro cuore! So che non è giusto. Ma con Te Signore, mi ci provo! Dare la vita e avere impressione che agli altri non importi niente, dovresti capirlo bene che non è simpatico, perché hai provato anche tu. Signore ne vale la pena? Vivere la castità come fedeltà nel donarci a te e non essere capiti, anzi nemmeno presi in considerazione se non addirittura fraintesi, è opportuno? Accettare una situazione di precarietà, di provvisorietà e di povertà per testimoniare la propria fede nella libertà che trova fondamento in te è ancora redditizio? A volte si ha l’impressione, Signore, che tu pretenda un albero in fiore nel deserto, una lampada che brilla nelle tenebre, un cuore trasparente, limpido e puro nel fango, una perla nell’immondizia. Come presentare la libertà a chi sta godendo la sua schiavitù o la verità a chi nella menzogna ha trovato la forza della sua sopravvivenza? Dare e non essere accolti, parlare e non essere capiti, camminare e restare soli, è giusto? Testimoniare la purezza a chi è in mezzo al pantano, testimoniare il futuro a chi è ubriaco di presente, parlare di progetto e di eternità a chi è vittima dell’istante è assurdo, Signore! Che cosa potrei scriverti di più importante e di più vero di queste domande? Sinceramente, io qualche volta mi sento “fregato”, e tu? So che stai pensando che sono uno stupido. È vero, ma quando ti scrivo recupero la fede nelle cose che tu mi proponi. Nel tuo cuore poi trovo la forza di parlare anche ai sordi e la capacità di credere che anche nel deserto si può incontrare un albero fiorito, nelle tenebre una lampada accesa, nel fango un cuore puro, limpido e trasparente e una perla nell’immondizia. Che bello! Mentre ti scrivo, vivo, cresco, e ritorno a vedere un po’ della verità che hai posto nelle tue creature.

In questo testo che don Gabriele ha scritto “sorridendo” al Signore è espresso molto bene il dramma che ogni sacerdote vive nell’annunciare ad un mondo apparentemente sordo e indifferente una “Parola” che sembra passare sopra la testa di una moltitudine di gente “immersa nel pantano, ubriaca di presente, vittima dell’istante”. Ma don Gabriele, nel suo dialogo quotidiano con il suo Maestro di fede ha trovato “la forza di parlare anche ai sordi, la capacità di credere nel deserto fiorito, nella lampada accesa, nella perla preziosa”. E dire: “Che bello!”. Era un vero credente!