Il cuore l’hanno chiamato “l’orecchio dell’anima”. Il Signore non ci ha messo un paio di orecchi per impedire che il cappello cascasse sul naso, bensì perché sentissimo quanto accade attorno a noi, per sentire le cose nobili, i dolori del prossimo. Ci sono giovani che rimangono identici sia davanti alle ignominie che agli splendori; si impegnano in un lavoro solo se c’è da guadagnarci qualcosa; non vogliono sporcarsi le mani. Prigionieri dell’egoismo e della mediocrità. Non lasciamoci intrappolare tra loro (Albino Luciani).
A creare questo tipo di giovani, ma non solo di giovani, sembra fatta la cultura del “maggior profitto con il minor sforzo” o “del tutto e subito”, o del “chi te lo fa fare” o ancora dell’”usa e getta”. Persone sul tipo di quel tale che avendo ricevuto un talento, invece che trafficarlo, appunto per paura di sporcarsi le mani, lo seppellisce sotto il suo egoismo (cf. la parabola dei talenti). Gesù lo ha chiamato: servo infingardo e fannullone (Mt 25,14-30). E l’Apocalisse userebbe per queste persone le parole: “Poiché non sei né caldo né freddo io ti vomiterò dalla mia bocca” (Ap. 3,16). A ragione Luciani ci raccomanda di non lasciarci intrappolare tra loro.