Davanti al dolore non ho bisogno di risposte. Se Dio venisse e mi spiegasse la ragione della sofferenza, non avrei comunque nessuna soddisfazione. Io non voglio risposte: voglio non soffrire e che nessun innocente soffra. Gesù chiede al lebbroso, guarito, il silenzio. Non vuole passare come un guaritore o un santone qualsiasi, ma vuole anche indicarci il silenzio come strada per riflettere sul dolore. Dio tace, di fronte al dolore, e lo porta con sé, lo riempie di condivisione. Gesù non dona nessuna risposta al dolore, lo condivide. Si legge nel testo del Vangelo che Gesù provò compassione per il lebbroso… letteralmente però, dicono gli studiosi, si dovrebbe tradurre con provò rabbia, stizza irrefrenabile verso il male, perché vede in esso la vittoria del nemico. Gesù vuole toccare il lebbroso che tutti evitano. Prende su di sé il male, per vincerlo. Davanti al mistero del dolore, Gesù non dona risposte, ma soffre, ama e trasfigura ogni dolore facendolo diventare redenzione e salvezza. Non è molto, ma uno spiraglio lo apre. Il dolore dell’uomo è un dolore che Dio condivide e assume. E salva. E fra noi, possiamo, vivere aiutandoci a portare i dolori. (E sarebbe già molto non provocarli).
don Augusto