Natale è ormai a due passi: Natale: festa del bambino. È vero che il bambino è fonte di inesauribile di biancheria sporca e di rumori incessanti; è vero che logora scarpe e genitori…; però è anche vero che il bambino è una carezza; una vibrazione; è vero che è un sorriso che restaura il viso di mamma e papà; è anche vero che il bambino ci dà una spinta, un motivo per continuare a vivere. Quanto sono tristi le grandi città senza piccoli piedi; quanto sono vuote le case con due poltrone sole in salotto! (Pino Pellegrino).
Davvero la crisi della natalità, è imputabile solo a una politica disattenta al fenomeno della denatalità, delle difficoltà economiche, o piuttosto non vi sono a monte ragioni più profonde, frutto di una visione egoista della vita che sta influenzando il modo stesso di concepire la famiglia? Ammettiamolo, non è solo una questione economica. Le nostre grandi città le vedi piene di bambini filippini, pachistani, nordafricani. I quartieri residenziali dei ricchi invece sono sempre più silenziosi: cani al guinzaglio nei giardini, e altalene immote. Che cosa può cambiare il fenomeno della denatalità? Certo occorrono politiche più incentivanti la natalità, ma soprattutto occorre cambiare mentalità e creare una cultura più amante della vita, più fiduciosa del futuro e soprattutto più credente nella Provvidenza di Dio, di quel Dio che ha detto: “Crescete e moltiplicatevi”. Non è questione economica, ma culturale, morale e spirituale. Dio è il creatore della vita e amante della vita. Più gli uomini si allontanano da Dio, meno creeranno e ameranno la vita. Questa è la radice più profonda della denatalità. Il natale è, tra l’altro, anche festa della vita.