Diocesi di Belluno – Feltre
Don Gabriele Bernardi

Lettera del Risorto a don Gabriele

Caro don, sono appena finite le feste pasquali e gli uomini, compreso te, hanno saputo dedicare un attimo di attenzione alla mia persona, alla mia umanità, alla mia meravigliosa e drammatica vicenda di duemila anni fa, alla mia divinità.
Ho goduto, don, della compassione, della simpatia e della tenerezza che ho incontrato in molti cuori. Ti dico che la fede che trovo nel cuore dei tuoi fratelli mi fa vivere, come la forza del Padre che ho trovato nella mia tomba e che mi ha ridato la vita, che mi ha ridonato al mondo. La settimana Santa è stata per me il cammino verso la risurrezione, tale e quale quello di duemila anni fa.
Ho incontrato Giuda che mi ha tradito, ho trovato il potere che ha preteso di comprarmi, ho sentito l’abbandono e il “dormire” dei “miei”, nel mondo, nelle sue contraddizioni e nei suoi drammi ho raccolto la mia croce e mi sono sentito morire con gli stessi particolari di allora.
Il Padre però che mi ha dato al mondo, che ama il mondo e lo chiama continuamente alla vita, vedendomi dentro al mondo, a motivo del mio sì dettato dall’amore ha voluto salvare me per il mondo e il mondo per me.
Nell’amore del Padre ho sentito la stessa gloria di allora e di più di allora ho sentito la gloria del mondo per il quale mi sto donando. Don, mi sento vivo e glorificato nel cuore dell’uomo che guardandomi ha provato un desiderio di bene, un bisogno di vita. Ho capito che l’uomo non è la mia tomba ma bensì la mia tomba aperta. Il mondo è il mio spazio, lo spazio per amare, per essere luce. Sono contento, don, al solo pensiero di quel bambino che è stato a guardarmi sulla croce, di quella donna che mi ha regalato un sospiro di accoglienza pieno di amore.
Se penso all’uomo che per un attimo mi ha capito nel mio dolore, nella mia ingiustizia subita, trovo tutta la gioia del mio dono e la mia croce mi appare in tutta la sua bellezza. Ho visto la preghiera di qualcuno che da tanto tempo seguivo senza avere la gioia di uno sguardo. Ho ascoltato la fiducia dell’ammalato nello spirito, come quella dell’ammalato nel corpo, che si sono rivolti a me, e ho capito la forza di quella croce che con fatica ho portato, a motivo dell’inutilità che vedevo in essa, non comprendendo che anche una croce quando è supporto di un grande amore diventa prezioso strumento di salvezza. Quante cose belle avrei da raccontarti, don, su questa Pasqua appena celebrata ma preferisco che tu anche nel silenzio del mio nascondimento, continui a cercarmi, ad interrogarmi, a parlare di me.
Se tu farai questo io sarò accanto a te vivo e ti accorgerai che la mia presenza è sempre viva ed efficace.

Grazie, Signore!
don Gabriele

(Anno 1992 dalla parrocchia di Arabba)