Diocesi di Belluno – Feltre

Il paradosso della felicità

Gesù, citando l’Antico Testamento, ci spiega il vero significato della croce: come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. L’episodio a cui fa riferimento, è quello in cui il popolo d’Israele deve scontrarsi con l’esperienza della morte nel deserto causata dal morso dei serpenti. Mosè chiede al Signore di salvare il popolo, e Dio comanda che si fabbrichi un serpente di rame cosicché ognuno che lo guarderà sarà guarito dal veleno.
Ecco: Dio dona felicità attraverso ciò che dovrebbe uccidere. In fondo è questa l’esperienza della felicità per noi: non un Dio che ci evita la croce, ma un Dio che può salvarci proprio attraverso di essa. Non ci salva dalla sofferenza ma nella sofferenza. C’è un proverbio che dice: “ciò che non ammazza, fortifica”, Gesù direbbe: “Se ti lasci amare da me, anche se qualcosa ti provoca sofferenza, non può toglierti la vera vita”. Da questa pagina possiamo trarre due motivi di cambiamento.

  1. Guardiamo in faccia ciò che temiamo, che ci fa paura. Non dobbiamo aver paura di guardare la croce o il serpente. Se siamo insoddisfatti la colpa non è del lavoro, dei figli, della società, della pandemia ecc… Siamo vuoti dentro: non sfuggiamo al problema. Guardiamo in faccia questa verità, non nascondiamocela e affrontiamola.
  2. Guardiamo in alto e distogliamo lo sguardo da terra. Se saremo morsi dai serpenti velenosi della delusione, della sfiducia, della disperazione, alziamo gli occhi al Dio Crocifisso e vedremo e sentiremo la misura senza misura del Suo amore!

don Augusto