Penso alla possibilità della morte ogni giorno: è un buon esercizio (S. Freud).
Un uomo che non si ponga il problema della morte e non ne avverta il dramma, ha urgente bisogno di essere curato dallo psichiatra (C.G. Jung).
In questo senso, un’educazione infantile preoccupata di dire tutto al bambino sui meccanismi biologici di come arriva il fratellino che nasce e non dice niente sul dove va il nonno che muore è carente. Dobbiamo parlare ai bambini della morte e smetterla di proteggerli e di lasciare che si mettano in mente di essere immortali. «Io – dice il noto psicologo-pedagogista Marcello Bernardi – non sono d’accordo con chi pensa che i bambini siano da tenere lontani e all’oscuro dal pensiero della morte». Naturalmente bisogna che questo pensiero sulla morte sia presentato nella sua vera luce. Non certo quella che viene dalla zucca di halloween che è la banalizzazione più grottesca e ridanciana della fine di una vita umana in questo mondo, ma quella che è proiettata su questo grande “mistero” dalla parola e dalla resurrezione di Gesù che al venerdì santo di morte ha fatto seguire la Pasqua di resurrezione per una vita senza tramonto nella gloria e beatitudine di Dio.