Qualche mattina fa, tornavo da Longarone a Fortogna verso le 8:30. Attraversando Longarone a quell’ora ebbi il modo di vedere, dalla canonica alla prima rotonda del paese, ben 4 volte delle persone, uomini e donne, che portavano i loro cani o cagnolini, qualcuno anche con due o tre, a fare i loro bisogni mattutini. Scendendo a Fortogna, anche lì, nel tratto di strada dalla rotonda sull’Alemagna 51 alla canonica, ho visto lo stesso fenomeno, anche se con meno persone.
Quello stesso mattino sono andato a Belluno per fare il vaccino anticovid 19. Nell’area dell’ospedale antistante al gazebo dei vaccini, una coda di macchine in attesa lunga almeno 400 metri. Due ore di attesa che mi permise di osservare anche là qualche altra persona accudire alla stessa faccenda dei cani.
Stavo pensando: ma guarda quanti cani si vedono in giro e come tante famiglie amano questi “amici dell’uomo”!!! Che bella cosa, ho pensato!
Verso la fine della lunga attesa mi è capitato di vedere anche un uomo (l’età era quella di un nonno) spingere una carrozzina certamente non vuota.
Ma guarda! Anche un bambino! Finalmente anche un cucciolo umano. E il mio pensiero si è spostato dai cani ai bambini: così tanti cani e così pochi bambini. Possibile? Mah, forse sarà perché l’ora per portare i cani all’aperto non è quella di portare i bambini a prender l’aria! Ma poi, continuando il mio pensiero, mi son detto: “Ma neanche nelle ore più belle delle giornate belle non si vedono tanti bambini in carrozzina quanti i cani o cagnolini al guinzaglio dei loro padroni”.
E poi guardando la pubblicità della televisione ho constatato che anche lì ci sono molti più spot per i mangimi dei cani e dei gatti che non per le pappe dei bambini. Così pure ho notato che, nelle nostre città e paesi, ci sono più negozi per gli animali che non per i bambini.
Tutto questo mi ha portato a tirare questa conclusione: la nostra società attuale sembra aver messo la retromarcia in ordine alla vita umana. Più cani che non bambini.
E poi ci meravigliamo se i paesi si spopolano, se la popolazione soffre il problema dell’invecchiamento, se le case di riposo son sempre più piene e gli asili, come le scuole, sono sempre più vuoti.
Che forse le giovani famiglie di oggi siano preoccupate di provvedere al “distanziamento” necessario per i prossimi virus che verranno?
Date voi la risposta che credete.
Io, da parte mia, sono contento di essere nato alla mia epoca, perché se avessi ritardato fino ai nostri giorni, non sarei mai nato, essendo l’ultimo di cinque fratelli.
Di fronte a questo racconto e a queste considerazioni da parte di don Fabio si potrebbe rimanere perplessi per diversi motivi, soprattutto perché non è il caso di opporre l’amore per i cani a quello per i figli: l’uno non esclude l’altro e metterli in competizione non può che creare una falsa tensione fra due tipi di affetto, entrambi buoni. Eppure bisogna ammettere che le considerazioni di don Fabio, pur nella loro forma un po’ paradossale, mettono il dito su un problema reale e centrano un sintomo che sta diventando sempre più dilagante, ossia la tendenza a rinunciare alla grande impresa di generare degli esseri umani. Si tratta di una sorta di ripiego verso forme di affetto più facilmente addomesticabili, perché è pur vero che occorre non poco coraggio e una visione positiva del futuro per decidere di mettere al mondo una persona, capace di fronteggiarci e di metterci in discussione (La Redazione).